Barbara Bonomi Romagnoli | Narrazioni tossiche
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Narrazioni tossiche

A Roma, la notte dello scorso Natale, una donna è stata violentata e tenuta segregata fino al mattino dopo. A seguito della denuncia, l’uomo che ha compiuto il reato è stato arrestato. L’ennesimo caso di violenza efferata, alla quale è seguita la violenza della cattiva informazione giornalistica. Negli articoli usciti su Il Messaggero, Open, Voxnews – per citarne solo alcuni – abbiamo assistito al solito esercizio di cattiva scrittura e narrazione tossica della violenza, anche violando la deontologia professionale. A parte i nomi di fantasia, la cronaca ha riportato elementi presenti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, fra cui le parole pronunciate dalla donna durante le atroci ore della violenza subita. Ovviamente senza chiederle il consenso.

E poi ancora dettagli morbosi sulla storia che precede la violenza, sempre disumanizzando chi ha subito la violenza e cercando appigli per giustificare chi quella violenza l’ha compiuta.

L’opinione pubblica è oramai assuefatta a questo tipo di comunicazione, non ci fa più caso.

A puntare ancora una volta il faro sono le donne dei centri antiviolenza: “Assistiamo ancora una volta al riprodursi di quella cultura di diffidenza, se non di aperta ostilità, verso le donne che nutre il fenomeno della rivittimizzazione. Nelle cronache di questa vicenda essa si esprime ora in modo velatamente denigratorio, ad esempio descrivendo la donna come ‘rampolla’ di famiglia nota ‘aspirante influencer sui social’ (e dunque in cerca di visibilità a tutti i costi verrebbe da pensare?) e ora in modo esplicito, come nella scelta di riportare il dettaglio, del tutto inconferente, di un suo precedente aborto”, scrivono le attiviste e avvocate di Lucha Y Siesta. Lo affermano per Roma ma può valere anche per l’ultimo caso in Trentino, anche lì si legge che l’uomo “non era un violento”, però ha ucciso la sua ex compagna.

Eppure, chi professa il nostro mestiere ha tutti gli strumenti per farlo bene, basta ricordare che dal 2017 c’è, fra l’altro, il Manifesto delle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto e la parità di genere nell’Informazione che riguarda anche la narrazione della violenza. È così difficile leggerlo e rispettarlo?

Pubblicato su Comune.Info

  • Questo articolo è parte di una campagna “Unite” a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla.


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